7 miliardi di coccinelle (e zero afidi)
luglio 25, 2013 § Lascia un commento
Le abbiamo volute molto. Così tanto da comprarle. Così tanto che, proprio quando le abbiamo comprate, loro hanno deciso di arrivare da sole. Certo, se la pancia chiama, le coccinelle accorrono. E sul nostro terrazzo di cibo per coccinelle, leggi afidi, ce n’era un bel pò. Tutti sanno che questo delizioso coleottero è un avido divoratore di afidi, ed è altresì risaputo che gli afidi abbondano sui peperoni. La nostra è stata una lotta costante, determinata, portata avanti a colpi di infuso d’aglio, docciate, spruzzi d’acqua alla liquidator per farli schizzare via o per affogarli. Siamo ricorsi anche al semi-chimico biologico, perchè non volevamo perdere tutte le nostre piante. Ma i fastidiosi insetti si ripresentavano dalla sera alla mattina, nonostante i nostri sforzi ripetuti per schiacciarli (anche letteralmente). Risalivano la pianta dalle foglie più basse, per poi dirigersi verso i più succulenti apici fogliari e verso i fiori. Le foglioline giovani si deformavano tutte sotto l’attacco delle loro punture succhiatrici e la formazione dei frutti sembrava a rischio. Abbiamo quindi deciso, circa due settimane fa, di provare il rimedio di lotta biologica per eccellenza contro gli afidi, le coccinelle, e compriamo un set di 50 larve di Adalia Bipunctata da uno sito deputato. Ma la cosa che più ha del miracoloso è che nel frattempo una piccola colonia di coccinelle si era già insediata sul nostro terrazzo, con tanto di esemplari adulti e di larve. Eravamo al settimo cielo. Quando ieri poi è arrivato il famigerato pacchetto, eravamo sicuri di avere l’arma giusta per sferrare, stasera, l’attacco finale.
Mi spiace un pò usare questi termini guerreschi: lotta, attacco, armi. Non mi piace nemmeno il gardening guerrilloso o le sementi in bomba. Il termine ‘lotta biologica’ d’altra parte presuppone un atteggiamento antagonista che viene facile condannare, per i puristi del rapporto uomo-natura. Eppure quegli afidi noi li abbiamo schiacciati, li abbiamo sentiti scricchiolare sotto i nostri polpastrelli, e ce ne siamo beati. E se poi le coccinelle, che sante non sono, a furia di lanciarle su orti e vigneti, prendessero il sopravvento sugli umani? Meglio un peperone oggi che 7 miliardi di coccinelle domani?
Sempervivum, peperone Spagnolin e l’estate ritardata
luglio 14, 2013 § 1 Commento
Non siamo nel 1816. And we are not frozen to death. Ma il sole di certo nel 2013 s’è fatto desiderare e noi ci siamo occupati così tanto di desiderarlo, come antichi e savi uomini pagani, che non abbiamo fatto altro. Non abbiamo scritto un rigo. Tutti tesi a desiderare il sole.
Ma poi all’improvviso ecco l’estate, l’estate ritardata. E con lei è arrivato il fiore del sempervivum*: un fiore complesso e dal profumo incerto. Un fiore ultimo, perché la rosetta che l’ha generato seccherà. Che dire, il sempervivum morirà. Viva il sempervivum.
*[dovrebbe trattarsi di un Sempervivum wulfenii Hoppe]
Poi cos’altro?Ah sì, abbiamo fatto scorta di peperoni e peperoncini dai nostri cugini d’oltralpe (più bravi di noi in due cose: amare la patria e amarne i frutti).
Ecco le varietà:
Poivron Petit Marseillais (già provato l’anno scorso, una sicurezza)
Poivron d’Ampuis
Poivron d’Antibes
Piment Doux des landes
Piment petit Carrè de Nice (nessun seme ha germinato, ahimè)
Piment d’Espelette (l’avevamo già coltivato con il vago nome di Basque Hot)
Piment de la Bresse
Sucette de Provence
Ma il vero protagonista di quest’orto sul terrazzo è lo Spagnolin: l’unica varietà di peperoncino del Nord-Italia, piemontese per meglio dire. Scomparso da qualsiasi catalogo di semi attuale, ne abbiamo ripercorso le rare tracce fino a trovare un documento, una ‘Capsicum Newsletter’, pubblicata nel 1984 dall’Università di Torino e dallo staff del dott. Piero Belletti. Dopo un paio di mail con il professore (gentilissimo), finalmente troviamo nella cassetta delle lettere una busta con i preziosi semi.
Ed ecco quindi che il peperoncino Spagnolin cresce felice nel nostro terrazzo, e in quello di qualche amico (il prossimo anno potresti essere tu uno dei fortunati).
Carlo Putini e rasoi.
aprile 13, 2013 § Lascia un commento
Non ho una passione per l’orto, inteso come spazio da coltivare. Non mi piacciono bagnafiori terriccio e vasi. Non mi piace sporcarmi le mani, mettere sostegni, individuare consociazioni. Non mi piace l’attesa del germoglio, nè la cura della piante nè la raccolta del frutto.
Quindi cosa mi piace dell’orto? Le varietà orticole. Non fisicamente. Mi piacciono i nomi, e la storia che questi nomi portano con sé. A volte è la storia di un luogo, a volte la storia di una persona. Giornalmente o quasi passo del tempo nella ricerca, organizzazione, eliminazione di varietà orticole. Dei loro nomi, nello specifico.
Per stare sul nostro terrazzo – perché sempre di lui parlo quando parlo di orto – una varietà, se non ha una storia deve farmene presagire una. Se non ha un bel nome deve farmi sperare che qualcuno glielo cambierà. Deve farmi dire: “Prometti bene, forse tra 100 anni avrai una storia, non ti perderai in un catalogo, non morirai su quelle pagine lucide e obbrobriose, davanti a te c’è un orizzonte più ampio della massa, ovvero l’individuo.” Individuo di cui sarai vera passione e vero orizzonte.
Cassette e terrazzi
gennaio 1, 2013 § 2 commenti
‘Una cassetta fiorita non fa terrazzo; e neppure una fila‘.
Comincia con questa citazione secca il 2013 del nano, e con la consapevolezza che fare un ‘terrazzo’, come lo intende Ippolito Pizzetti, con a disposizione principalmente orticole di varia specie, tutte annuali e destinate al deperimento autunnale, è una bella sfida. Con l’amara accettazione che tra pomodori e peperoni è difficile fare qualcosa che non sia una fila di cassette fiorite o fruttifere.
‘No, voglio parlare del terrazzo dell’appassionato di piante, per il quale il terrazzo è il vicario- usiamo pure la parola cruda – il surrogato (Palazzi: ” materia di minor valore che si sostituisce ad altra genuina e buona”) del giardino che questi non ha o non si può permettere.‘
Bè, appassionati di piante lo siamo, e questo è un punto a nostro favore. Ma lo consideriamo un surrogato noi, il nostro terrazzo, noi che viviamo in campagna e che qualche pezzetto di terra lo potremmo pure trovare?
‘E che forse per lui, affettivamente, non è certo di “minor valore” o meno “genuino” del giardino ..’.
Qui ci siamo, i nostri otto metri quadrati non sono un surrogato, sono quello che ci piace fare, sono lo spazio e il modo giusto di sperimentare varietà che in altri contesti, più ampi e ‘naturali’, non avrebbero lo stesso senso.
Ed è ancora così che ci siamo mossi quest’anno, nella nostra campagna acquisto semi per il 2013: selezioni recenti o varietà tradizionali che, purchè non vengano dimenticate, è bene anche che qualcuno le coltivi e ne parli fuori dal loro micro contesto locale. Peperoni di Francia, peperoncini spagnoli e cornichons per proseguire con gli heirloom di tutto il mondo (perchè già abbiamo detto che quando si tratta di spirito nazionale, il disinteresse è diffuso), ma anche i pomodori del Dwarf Tomato Project , o i micro pomodori da balcone, o ancora i cetrioli bushy, che non si arrampicano ma crescono a cespuglio, quindi assolutamente da provare in terrazzo.
Insomma, tradizione e innovazione, due parole troppo dette, che però si avverano nel giardino/terrazzo del nano.
E allora buon 2013, con noi che siamo ancora qui, cataloghi di semi alla mano, per riprovarci di nuovo e scrivere di risultati e sconfitte, di pomodori e cassette.
Chi l’ha visto? Un appello.
novembre 18, 2012 § 6 commenti
Quando si dismette un terrazzo, lo si fa per prepararne un altro. Lo si fa avendone in mente un altro. Ci siamo chiesti come sarebbe potuto essere il prossimo orto in terrazzo e ci siamo risposti che lo avremmo voluto un po’ più italiano. Niente spirito nazionale, solo buon senso. Perché non fare anche un po’ di conservazione e cercare qualche varietà tradizionale delle nostre parti, sempre rispettando le nostre esigenze di giardinieri/ortolani da otto metri quadri? E allora via alla ricerca di cosa aveva da offrirci il bel paese, per scontrarci quasi subito con un’incredibile (ma prevedibilissima) latenza di offerta. Ovvero, bene sulla carta, o meglio in rete, dove varietà tradizionali di ameni luoghi italici sembrano conosciute e discusse dai più. In pratica poco a nulla, se si parla di voler seminare, cercare o comprarne i semi.
Semi di che? Di peperone, al momento il nostro chiodo fisso.
Le varietà che cerchiamo sono queste:
– Quadrato piccolo del veneto
– Piccolo di Firenze
– Nano quadratino d’Asti
– Spagnolino
– Peperoncino verde di Napoli (calamariello)
Se qualcuno li ha visti, li coltiva, li mangia, ce lo dica per favore. E magari, se è ben disposto, ci regali qualche seme. Contraccambieremo per forza e per piacere.
Hortus horribilis et capsicum genus
settembre 26, 2012 § 1 Commento
Quest’anno S. ha deciso – non proprio deciso, si potrebbe dire che è capitato – di provare un po’ più varietà di quante ne potessero permettere i nostri otto metri quadrati di terrazzo e così la confusione è regnata sovrana per troppo tempo. Troppi semenzai. Troppi vasi. Troppe piante. Abbiamo trapiantato tardi e i risultati generali non sono stati dei migliori. A parte il ritardo nel trapianto le concause dell’Hortus horribilis potrebbero essere state il troppo caldo, il troppo secco, i troppi afidi e in generale una mancanza d’attenzione, un disinteresse amoroso per quanto si stava svolgendo, la quieta accettazione dell’insuccesso.
Ma passiamo oltre. Passiamo ai peperoni e ai peperoncini. Il successo qui c’è stato. Ma non per merito nostro.
Il Genus è il Capsicum, la cui etimologia potrebbe derivare sia dal latino capsa=scatola ad indicare la forma del frutto – al cui interno come in una scatola sono racchiusi i semi- oppure dal greco kapto=mordere, con chiaro riferimento alla piccantezza che morde per l’appunto in bocca. Sia come sia i peperoni e peperoncini in vaso vengono che è una meraviglia, ci si adattano come un gatto in una cesta, questo perché hanno una apparato radicale modesto, non necessitano di grandi quantità d’acqua e il sole piace loro assai, come tutte le Solanacee del resto. Ed eccoli qui con qualche notizia in più per ognuno.
I PEPERONI DOLCI
Jimmy Nardello
Donato da Jimmy Nardello alla Seed Savers Exchange, era arrivato in America nel 1887 coi genitori di Jimmy, migranti della Basilicata. Coltivarlo da noi in Italia è un semplice ritorno a casa. Peperone dolce dal caratteristico gusto di mela arrostita.
Altezza 45-60 cm
Ampiezza 45-60 cm
Frutto 10 cm
Polpa sottile
Raccolto 80-90 giorni dal trapianto
Ferenc Tender
Varietà ungherese dai bei frutti oblunghi e puntuti che maturano dal verde al rosso-arancio.
Altezza 60-90 cm
Ampiezza 45-60 cm
Frutto 10 cm
Polpa spessa
Raccolto 70-80 giorni dal trapianto
Sweet Banana
Ci si può far di tutto friggerlo, scottarlo, farcirlo e mangiarlo così. Verde, giallo e poi rosso. Molto, molto prolifico.
Altezza 45-60 cm / 60-90 cm
Ampiezza 45-60 cm
Frutto 10 cm
Polpa media
Raccolto 70-80 giorni dal trapianto
Petit marseillais
Francese, ovviamente. Molto produttivo e precoce, produce piccoli frutti quasi quadrangolari, che passano dal verde al giallo. Anche con questo ci si fa un pò quel si preferisce (crudo in insalata, saltato, grigliato, essicato). Una vera rivelazione.
Altezza 45-60 cm
Ampiezza 45-60 cm
Frutto 6-10 cm
Polpa media
Raccolto 70 giorni dal trapianto
I PEPERONCINI
Trifetti
Ritenuto un peperoncino ornamentale a cause delle foglie variegate e degli steli quasi neri, si è rivelato anche molto buono da mangiare. Ha una piccantezza lieve che sale piano, quasi un retrogusto. Bello e anche buono. Cosa volere di più? Esiste anche una varietà molto simile, il Piment bec d’Oiseu Noir, di origine probabilmente Haitiana. Il dubbio è che sia lo stesso, qualcuno può dirimere?
Altezza 45-60 cm
Ampiezza 40-45
Frutto 2 cm
Piccantezza media
Raccolto più di 80 giorni dal trapianto
Piment d’Espelette
Coltivato sin dal XVI secolo nei Paesi Baschi, in particolare nel comune di Espeletteda da cui prende il nome, è un peperoncino non piccantissimo (solo 4,000 unità della scala Scoville). Un pezzo d’Europa conosciuto anche come Basque Hot.
Altezza 60-90 cm
Ampiezza 45-60 cm
Frutto 10-15
Piccantezza bassa
Raccolto più di 80 giorni dal trapianto
Skinny Hot
Pianta molto compatta dai tantissimi piccoli peperoncini piccanti rivolti all’insù , i semi ci sono arrivati da una delle tante scorribande di S. per il mondo. Dalla più improbabile, ovviamente. Dalle nebbie britanniche.
Altezza 20-30 cm
Ampiezza 30-40 cm
Frutto 1 cm e anche meno
Piccantezza media
Raccolto più di 80 giorni dal trapianto
Pomodoro Tumbling Tom Red
agosto 13, 2012 § Lascia un commento
Quest’anno abbiamo piantato un discreto numero di varietà di pomodoro, al solito sperimentando quelle più indicate per la coltivazione in vaso. Forse troppe, sì, ma per la voglia di fare un orto che non dia solo pomodori, ma che ci permetta di sperimentare, diversificare e meravigliarci di fronte alla variabili minime della natura. Così siamo rimasti di stucco di fronte a questa pianta, un pomodoro Tumbling Tom Red, e al suo fiore, con questa forma così bizzarra, così diverso rispetto ad esempio a quello della varietà Jani, qui sotto, uguale all’immagine che tutti noi abbiamo del fiore di pomodoro.
Allora ne aprofitto per dire due cose sull’impollinazione dei pomodori, visto che ci siamo e visto che poco tempo fa ho parlato, sconciamente, di quella delle zucchine. I pomodori, a differenza delle cucurbitacee, portano fiori ermafroditi (perfetti) che quindi si possono autoimpollinare (impollinazione autogama). Come funziona: l’antera (organo maschile) è posto in modo che il polline cada direttamente sullo stilo (organo femminile): nello specifico lo stilo è sormontato e chiuso dagli stami, per cui tutto il lavoro avviene tra le mura domestiche e non c’è neanche tanto pericolo che un’insetto si posi sul fiore di una varietà, poi su quello di un’altra, causando un incrocio tra cultivar diverse di pomodoro. Caso a parte le antiche varietà, tipo il Currant Tomato (Solanum pimpinellifolium) in cui lo stilo supera di qualche millimetro gli stami ed è quindi alla mercè di eventuali insetti impollinatori.
Insomma, pare che per avere bei pomodori non serva entrare nelle faccende private della pianta ma, soprattutto se abbiamo piantato varietà antiche o non troppo commerciali, può essere utile provocare quello scuotimento tale per cui il polline cade sugli organi femminili del fiore, fecondandolo. Volete sapere come? Mi piace suggerire questo video, dove si vede anche come uno spazzolino da denti elettrico, simulando la vibrazione prodotta da un bombo o altro insetto, produce sulla pianta quelle good vibrations necessarie per una felice fecondazione. E chi non avesse un spazzolino elettrico, può tranquillamente passare e tintinnare i fiori delle sue piante di pomodoro, delicatamente, come dei campanelli. Fare un orto è anche questo.
La sorella di Darwin e l’impollinazione manuale delle zucchine
agosto 3, 2012 § 4 commenti
Coltivare le zucchine in vaso sembra facilissimo, fino a quando si sviluppano solo foglie e le dimensioni aumentano a vista d’occhio. Poi spuntano i fiori, tantissimi, gialli, belli, che quando li vedi il mattino, con tutta la loro corolla gialla aperta, non sai se staccarli, mangiarli o aspettare che compiano il loro dovere di trasformarsi in frutto. Ovviamente si propende per l’ultima, ma poi…le zucchine non arrivano. Rimangono lì, piccole, rachitiche, ingialliscono, si seccano e cadono. Perchè, si domandano in molti? Malattie? Incuria?
No, il problema è semplicemente uno: la fecondazione. Le zucchine portano fiori maschili e fiori femminili sulla stessa pianta, si distinguono perchè uno (quello maschile) è retto da uno stelo lungo e fino, l’altro (quello femminile) si poggia su di un piccolo frutto in nuce. Di solito sono gli insetti a provvedere il passaggio del polline tra maschio e femmina, e noi siamo dispensati da imbarazzanti pratiche manuali. Ma non sempre questo succede, neanche in campo aperto o in serra, e in particolar modo succede in terrazzo, dove di api o altri insetti (quelli nocivi ci sono sempre, per carità), non se ne vedono poi molti.
Allora non resta che dare un aiutino alla pianta, fecondandola artificialmente. Ma come si fa? Più semplice a fare che a dire, e lo dirò, perchè le mie zucchine purtroppo se ne sono già andate, per altri motivi.
1. Individuare il fiore maschile e quello femminile
2. Aspettare che entrambi siano ben aperti, questo di solito capita il mattino presto
3. Con un cotton fioc o con un pennellino fino, raccogliere delicatamente il polline dallo stame maschile, strofinando delicatamente
4. Passare il cotton fioc o il pennello sul pistillo femminile, depositando in questo modo il polline
5. Ripetere l’operazione anche con altri fiori femminili, se ce ne sono, utilizzando di nuovo il polline dello stesso fiore maschile, se è l’unico
Impollinazione manuale completata, non resta che aspettare. Se il frutto comincia ad ingrossarsi, vuol dire che è andata a buon fine. I fiori maschili, se sono ancora buoni, si possono cogliere per usarli in cucina.
Mi chiedo come, nell’Inghilterra puritana della sorella di Darwin, che andava in giro per i boschi a distruggere i funghi spontanei perchè simbolo di lussuria, si procedesse a questa operazione dell’impollinazione manuale di alcune piante, operazione di per sè dal sapore vagamente sessuale. Forse, chissà, la sorella di Darwin non mangiava le zucchine.
Latte e Zucchine
luglio 6, 2012 § Lascia un commento
No, non è una ricetta, e non mi viene in mente nessuna tradizione culinaria che usi il latte per cucinare le zucchine. Per fortuna. Ma per farle crescere, e sane, un pò di latte si può anche considerare. Una volta qualcuno mi ha detto, che il latte crudo sarebbe il miglior anti-fungino esistente al mondo, eppure, siccome in agricoltura biologica non è contemplato, purtroppo non si poteva usare. Bè, lui aveva delle regole da rispettare, come figura professionale. Ma noi no, e il latte crudo (quello che si compra ai distributori automatici sparsi un pò dappertutto, almeno dalle mie parti) ce lo siamo andati a prendere. Poi spruzzino, e spruzzato a volontà direttamente sulla foglia. Ebbene i fatidici pois bianchi, quelli dell’oidio per intenderci, sono scomparsi, la foglia è tornata verde splendente e la produzione di zucchine è continuata – sarebbe meglio dire la produzione della zucchina, visto che la pianta ne riesce a gestire circa una alla volta.
Comunque, tornando al nostro latte, noi l’abbiamo usato puro, ma ho letto che la giusta concentrazione sarebbe del 10-20%, perchè una volta superata questa soglia c’è la possibilità di far attecchire altri tipi di fungo. Provare. Intanto, noi grigliamo il nostro zucchino da 500 grammi…!